Green marketing: must o plus? come lo comunicano i brand?

Green marketing: must o plus?

Comunicare la sostenibilità: da valore aggiunto a vero proprio obbligo.

Per chi si occupa di comunicazione il supermarket è un privilegiato luogo di osservazione dove tenere d’occhio come parlano le sirene del desiderio. È anche un interessante punto di avvistamento del consumatore nel suo habitat. A fare la spesa, vanno più o meno tutti.

Osservo una giovane coppia, intorno ai 20 anni, che si confronta su una confezione di kiwi. “La cassetta e l’etichetta nella carta, la pellicola nella plastica…” Stanno valutando il packaging, in base alla riciclabilità e al conferimento nei rifiuti.

E ancora… mio figlio millennial ingaggia una campagna di persuasione domestica per indurci a sostituire la macchina del caffè a capsule con una a cialde compostabili e, sempre grazie alle sue argomentazioni accorate, l’acqua sulla nostra tavola da qualche mese è quella del sindaco, addizionata CO2 home made. Contro la plastica – spiega finalmente soddisfatto.

All’inizio la sensibilità green esibita dai brand, tolti i pochi planet friendly di nascita, rappresentava un valore aggiunto nella comunicazione, un aggettivo virtuoso da aggiungere ai valori dell’azienda. La maggior parte dei consumatori apprezzava, ma non determinava i propri acquisti sulle base delle sfumature di verde.

Ma non è più così. Se in passato la sostenibilità era un valore aggiunto, ora è vero proprio must; non più una buona pratica di cui vantarsi, ma un’indispensabile garanzia da offrire, in tutti i settori e ben oltre gli obblighi normativi, che pure si sono fatti via via più stringenti.

Ci sono importanti fette di consumatori che oggi effettuano le proprie scelte di acquisto considerando l’impatto ambientale dei prodotti. La sensibilità green ha conquistato il podio fra le motivazioni principali della scelta.

Un’azienda che oggi non riduce fattivamente il suo carbon footprint non è giudicata solo poco virtuosa, ma inaccettabile. E questo vale soprattutto agli occhi delle giovani generazioni, consumatori che stanno crescendo con questa consapevolezza e priorità. Millennials e generazione Z prendono molto più sul serio le considerazioni in materia di clima rispetto alle fasce di popolazione più adulte e, dato che a breve saranno interamente loro a guidare i consumi, le aziende in tutti i settori – dal food, al fashion, ai viaggi – devono tenerne conto.

Dove non può la preoccupazione per il pianeta, può quella per il conto corrente. Anche qui stiamo assistendo ad un cambio di paradigma: in un passato recente, la scelta d’acquisto green era percepita come esclusiva, più costosa, riservata ad un’élite evoluta di consumatori. Ora invece, soprattutto per effetto dei rincari sul mercato energetico, la sostenibilità ambientale è percepita anche strettamente connessa con la sostenibilità economica e ha indotto a legare a filo doppio il contenimento dei consumi con quello delle spese.

Anche dal punto di vista della comunicazione l’asticella si è alzata. Nessuno si accontenta più del bollino verde sul pack o nell’adv, le aziende devono raccontare il proprio impegno con concretezza, realizzando progetti effettivi e reali; niente è più pericoloso del greenwashing, perché millantare un’attenzione ambientale solo di facciata, oltre a non essere etico, può diventare un pericoloso boomerang. Ne sanno qualcosa KLM, H&M, i Coldplay con il loro tour, l’acqua San Benedetto e molti altri casi al centro delle polemiche.

Occorre trasparenza, comunicando chiaramente i risultati ottenuti, e coerenza tra progetti, valori e business strategy. E, naturalmente, serve creatività per comunicare la sostenibilità con il tone of voice del brand, perfettamente in linea con la sua identità.

IKEA, ad esempio, sta puntando molto sulla fiche verde, commercializzando i mobili Ikea di seconda mano in ottica di recycling, promuovendo una community basata sull’energia pulita, introducendo alternative vegetali nei suoi menù, anche alle classiche polpette, raccontando l’attenzione alle energie rinnovabili e alle consegne a emissioni zero.

La birra Corona, oltre ad eliminare la plastica dalle proprie confezioni e contribuire attivamente a molte iniziative a difesa degli oceani, ha saputo dare vita a molte comunicazioni creative, dal “Corona Natural Billboard” in cui il disegno della bottiglia sul cartellone pubblicitario era creato dal sole, all’idea di “Corona Island”, una vera e propria isola caraibica per un’experience paradisiaca e 100% sostenibile.