Podcast: SENTI CHI PARLA.
Ci eravamo appena abituati all’idea di appartenere alla totalizzante società dell’immagine.
Il deejay alla console aveva lasciato posto al veejay intento a mixare video musicali, i nuovi cantanti, emersi dal mare dei talent o di YouTube, già sapevano quanto incide il peso dell’immagine sulla bilancia del successo, i social media guru inneggiavano all’uso dei video perché nessuno legge, perché le parole stancano.
Poi, come tutte le leggi, è arrivata l’eccezione.
Basterebbe viaggiare in metropolitana e avvicinare all’orecchio la cuffia di qualche millennial, infilarsi gli auricolari di chi corre in palestra sul tapis roulant o insinuarsi dal finestrino nell’abitacolo della vettura a fianco per accorgersi che non tutti sono intenti in ascolti musicali o radiofonici. L’intrattenimento digitale ha scoperto il podcast.
Nel 2022 oltre 15 milioni di italiani hanno ascoltato un podcast almeno una volta e il fenomeno continua a crescere anno dopo anno. Le premesse sono ottime, considerando che molti ascoltatori sono millennial e che gli heavy user di podcast appartengono alle fasce giovani della popolazione.
Ma cominciamo dall’inizio: cos’è un podcast?
Un contenuto audio digitale distribuito su internet, generalmente in episodi registrati che possono essere ascoltati su richiesta e talvolta anche scaricati offline. I generi e i temi sono i più disparati; trovano spazio divulgazione e approfondimento. Dalle lezioni di storia di Alessandro Barbero, alle narrazioni noir di Carlo Lucarelli, ai temi politici de La Zanzara, fino alle interviste di Muschio Selvaggio dove risulta chiaro che, se un personaggio con un discreto fiuto per l’immagine come Fedez è approdato al podcast, qualcosa vorrà pur dire. In Italia il fenomeno non ha ancora la diffusione che registra in altri paesi, come Regno Unito e USA, ma la strada sembra tracciata.
Cosa piace dei podcast?
È facile ascoltarli: basta uno smartphone, un’app come Spotify, Apple Podcasts, Google Podcasts o molte altre, e l’auricolare all’orecchio. A differenza di una trasmissione radiofonica in diretta, sono contenuti on-demand che posso scegliere e fruire con la massima flessibilità, sono spesso di qualità e in grado di soddisfare anche interessi molto specifici. Si adattano perfettamente alla logica del multi-tasking perché possono essere ascoltati anche mentre faccio altro. Per dirla in musica, le parole che Eugenio Finardi cantava al tempo delle radio libere “Con la radio non c’è da stare immobili seduti lì a guardare” oggi potrebbero tranquillamente essere intonate per i podcast.
E così, ecco che si sono scatenati e moltiplicati i creatori di contenuti, nel nostro caso i podcaster, anche attratti dall’apparente facilità tecnica nella produzione, e i podcast sembrano essere il prossimo terreno di sfida degli influencer del futuro.
È evidente che il fenomeno podcast non può lasciare indifferenti le aziende e il marketing. Anche i brand possono integrarli con efficacia nelle loro strategie di comunicazione con interviste, storytelling, miniserie audio. Non solo perché il podcasting rappresenta un’opportunità da cavalcare, un canale per raggiungere target molto di nicchia con interessi specifici, ma anche per le caratteristiche cognitive e psicologiche del contenuto “solo voce”.
L’ascolto è infatti una modalità profondamente coinvolgente, che stimola l’immaginazione, cristallizza meglio nella memoria e si presta a registri intimi e profondi, nei quali diventa insostituibile l’autenticità e la credibilità di chi parla.
E ancora una volta, come sempre nella comunicazione, si torna ai fondamentali.